1 Occupational Therapy e il Potere Terapeutico del Linguaggio

Signora X., anni 50, donna in carriera, separata, madre di una figlia laureata in attesa di assunzione definitiva, genitori anziani a cui dare supporto. Dopo anni di gestione delle criticità con coerente abilità, si trovava ad un impasse nell’organizzare la sua giornata, poco motivata ad affrontare gli impegni tra lavoro e famiglia, creativamente passiva, performance decisamente inefficaci per il suo standard.

“Io proprio non ce la faccio…ci sono giorni che…sai quando la nostalgia  ma non proprio, si confonde con l’impazienza che non è proprio impazienza, è più insofferenza… e la noia poi…ti ottunde la fantasia…e alla fine hai consumato un giorno senza produrre nulla…un giorno di vita sprecato…questo stato mi angoscia e basta, non trovo pace ne mentalmente ne fisicamente…non so come fare…è molto faticoso superare queste giornate…che poi se ci penso, tutto sommato non dovrei stare così…ma proprio non ci riesco”

Terapista: “Hai idea di quanto è importante l’etimologia delle parole, per una visione facilitata dei tuoi problemi? Sai che le parole hanno un grande potere? Dipende molto da come le usi ma anche molto da quanto conosci il loro significato intrinseco…niente è solo dannoso, dipende da come ascolti te stessa e quello ti racconti… la storia,  l’etimologia dei termini che utilizziamo, porta spesso con sé anche le soluzioni ai nostri tormenti…”

La paziente ha lavorato sul suo linguaggio, osservandolo da un altro punto di vista…risultato, ha cambiato prospettiva, stato mentale, visone di sé nel mondo e nella sua vita, ha trovato un modo costruttivo di vivere i suoi stati psicofisici.

La fase di natura “depressiva” che insorge in ogni essere umano, ogni tanto, che sia per pochi minuti o giorni, ha un potenziale creativo, basta solo imparare come calibrare la lente che proietta il film, per mettere a fuoco da più lontano se siamo troppo vicini allo schermo e vediamo le immagini alterate.

Dai grandi filosofi ai geni, la maggior parte ha generato opere d’arte in uno stato definito melancolia: dal greco μελαγχολία (melancolia) composto da μέλας = nero e χολή = bile; quello stato d’animo che deriva da un misto di tristezza, inquietudine, malumore, tedio, uggia…ombra. Secondo la fisiologia ippocratica, è uno dei quattro umori fondamentali, descritto come un fluido freddo e secco, generato dall’archetipo della terra.

In questo stato si è naturalmente predisposti a riflettere, dal latino piegare all’indietro, a interiorizzare e osservare.

Aristotele sostiene «tutti gli uomini eccezionali, nell’attività filosofica o politica, artistica o letteraria, hanno un temperamento melanconico o atrabiliare, alcuni a tal punto da essere persino affetti dagli stati patologici che ne derivano», possiamo qui estrarre un lato costruttivo da questo stato apparentemente statico, vedendolo come uno stato di decomposizione del vecchio, che diviene concime del nuovo, quindi, un aspetto positivo e generativo.