5 Focalizzazione ideodinamica indiretta o principio ideomotorio

Mental Training, nuovi percorsi di cura

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Con il termine focalizzazione ideodinamica si intende quel fenomeno che, fa sì che, quando pensiamo a un certo comportamento, lo agiamo impercettibilmente a livello inconscio.
Se ne incominciò a parlare – alla fine dell’800 – alla scuola di Nancy in questi termini:
“Abbiamo stabilito che ogni suggestione tende a realizzarsi, che ogni idea tende a farsi atto. Tradotto in termini fisiologici, questo vuol dire che ogni cellula cerebrale azionata da un’idea aziona le fibre nervose che devono realizzare questa idea. (Hippolyte Bernheim, L’ipnotismo e la suggestione nei loro rapporti con la medicina legale, Doin, Paris 1897).

Quando si lavora nella riabilitazione, l’obiettivo primario è il recupero della funzione persa ma ciò che ci troviamo davanti, non è una funzione, bensì una struttura complessa che reagisce con grande eco, alla più piccola variazione dell’ambiente circostante; è la persona con trauma, che sia un ictus o una malattia, costretta a sperimentare l’ambiente del ricovero.

Questa persona si trova inevitabilmente in una situazione di stress del sistema nervoso, in costante posizione di attacco o fuga, in modalità sopravvivenza; è fondamentale tenere conto di questo aspetto e quando andremo a sollecitare la sua immaginazione, dovremo accuratamente soppesare le parole, evitare di suggerire situazioni che generino ansia, frasi contraddittorie, dubbi velati sulla riuscita, indecisione, titubanza.

Consapevoli di essere dei salvagenti, dobbiamo lasciare che la persona venga a noi, senza farla agitare, finché, aggrappata al salvagente, si lascerà trarre in ambiente sicuro, facilitato, all’interno del quale la terapia sarà assolutamente potenziata.

All’inizio, è opportuno suggerire sensazioni confortanti, bisogna fare evocare sensazioni piacevoli, che avvolgano la persona in questo ambiente protetto, dove finalmente può rilassarsi senza più sentire irrigidire la cute e tutto ciò che è sotto di essa. Modulare il tono di voce, fermo e sicuro e al contempo morbido e rassicurante; sembrerà strano, ma dobbiamo essere come un Giano bifronte, mezzo materno e mezzo paterno.

La persona, deve percepire che qualcuno veglia sulla sua salute; bisogna lasciare che la chimica del suo Sistema, produca un livello adatto al rilassamento, promuovendo cicli respiratori idonei alla variazione delle frequenze cerebrali (link al capitolo respirazione).

Una volta costruito il giusto ambiente di fiducia reciproca, si può iniziare la riabilitazione vera e propria, in cui entrambe, terapeuta e persona lavorano attivamente per un unico scopo. Successivamente a questa fase, si inizia la guida con le visualizzazioni, per stimolare il principio ideomotorio, che andrà a sua volta a stimolare la plasticità cerebrale e a cascata tutta una serie di reazioni, buone per il recupero non solo fisico.

Esplicativo sull’azione del M.T., è il percorso del Dott. Milton Erickson, pioniere nell’uso della mente in riabilitazione, il quale ha aperto la strada ad un potentissimo strumento, ancora troppo poco utilizzato nella riabilitazione.

Milton Hyland Erickson (5 dicembre 1901 – Phoenix, 25 marzo 1980) è riconosciuto come uno dei più importanti psicoterapeuti e ipnoterapeuti del Novecento. In particolare, rivoluzionò la prassi dell’ipnosi come approccio terapeutico e diede un apporto teorico e tecnico originale e innovativo alla terapia, sia concependo l’inconscio come gravido di risorse fondamentali per la guarigione (segnando così un distacco dalla concezione freudiana quale serbatoio di conflitti rimossi), sia nell’uso innovativo di comunicazioni e compiti per il paziente.

Nato nel 1901 e cresciuto in una fattoria del Middle West, visse un’infanzia segnata da molteplici handicap, poiché fin dalla nascita era affetto da cecità cromatica (daltonismo), dislessia e mancanza del ritmo, fu colpito due volte da poliomielite. La prima volta all’età di diciassette anni dopo essere uscito dal coma rimase paralizzato, fu curato in casa sua, nella fattoria, fatto che condusse Milton a scoprire da solo il principio ideomotorio (fondamento del M.T. in questo studio) esaminato da Bernheim una generazione prima, ossia che il solo pensiero o la sola idea di un movimento potevano portare all’effettiva esperienza di un movimento automatico del corpo. Nelle settimane e nei mesi che seguirono, Erickson andò a rievocare tutti i suoi ricordi sensoriali per cercare di reimparare a muoversi, come ad esempio guardarsi per ore e ore la mano; cercava di ricordare che sensazione gli avevano dato le dita quando tenevano un forcone. A poco a poco si accorse che le sue dita cominciavano a fare dei piccoli scatti e a muoversi leggermente in modo scoordinato, così continuò sino a che i movimenti diventarono più ampi, e lui poté controllarli coscientemente. E in che modo la mano afferrava un ramo d’albero? Come si muovevano gambe, piedi e dita quando si arrampicava su un albero? Non erano semplici esercizi di immaginazione; erano esercizi di attivazione di reali ricordi sensoriali che ri-stimolarono la sua coordinazione senso-motoria tanto da permettergli di guarire. Ciò appare evidente dal seguente stralcio di colloquio con il suo collaboratore Ernest Rossi:

E: Dapprima cercai di imparare a rilassarmi e ad accrescere la mia forza. Mi costruii dei tiranti elastici che potevo tendere contro certe resistenze. Ogni notte facevo quest’esercizio e tutti gli altri possibili. Poi mi accorsi che avrei potuto camminare per stancarmi e liberarmi dal dolore. A poco a poco capii che, se fossi riuscito a pensare al fatto di camminare, stancarmi e rilassarmi, ne avrei avuto un sollievo.

R: Il solo fatto di pensare a camminare e a stancarti riusciva ad alleviarti il dolore allo stesso modo dell’effettivo processo fisico?

E: Sicuro, poco per volta ci riuscii.

R: Nelle tue esperienze di auto-rieducazione, tra i 17 e i 19 anni, ti sei reso personalmente conto che potevi servirti dell’immaginazione per ottenere gli stessi risultati che avresti ottenuto con uno sforzo fisico reale?

E: Di un intenso ricordo più che dell’immaginazione. Ci ricordiamo di certi gusti, sappiamo che la mente ci dà quella certa sensazione di fresco. Da bambino mi arrampicavo su un albero di un boschetto, poi saltavo da un albero all’altro come una scimmia. Ho cercato di ricordare le varie contorsioni e giravolte che facevo per scoprire quali sono i movimenti che facciamo quando abbiamo la piena disponibilità dei nostri muscoli.

R: Attivavi dei ricordi reali dell’infanzia per capire quanta parte del controllo muscolare avessi perduto e trovare il modo di riacquisirlo?

E: Sì, ci serviamo di ricordi reali. A 18 anni cercavo di ricordare tutti i movimenti che facevo da bambino per aiutarmi a riapprendere la coordinazione muscolare” (Milton H. Erickson, Opere vol. I, Astrolabio, Roma 1982, pp. 141-142).

Ma perché Erickson potesse guarire era necessario qualcosa di più della semplice introspezione e fu così che, osservando il movimento della sorella minore che stava appena imparando a camminare, Erickson iniziò una serie di osservazioni giornaliere nelle quali notava il suo modo (soprattutto inconscio) di imparare a camminare, in modo da poterlo copiare consapevolmente, e così costringere il proprio corpo a fare lo stesso. Così egli parla di quel periodo: “Imparai a stare in piedi guardando la mia sorellina che imparava a stare in piedi: usa le tue due mani come base, allarga le gambe, usa le ginocchia come base larga, e poi poggia più peso su un braccio e una mano e sollevati. Ondeggia avanti e indietro per trovare l’equilibrio. Esercitati a piegare le ginocchia e a mantenere l’equilibrio. Dopo che il corpo è in equilibrio, muovi la testa. Dopo che il corpo è in equilibrio muovi la mano e la spalla. Metti un piede davanti all’altro mantenendoti in equilibrio. Cadi. Riprova”. Dopo undici mesi di questo intensivo allenamento, Erickson camminava ancora sulle stampelle, ma stava imparando rapidamente a camminare in modo sempre meno faticoso, in modo da sottoporre a minima tensione il suo corpo. […] (La Ristrutturazione della Vita con l’Ipnosi Seminari, dimostrazioni e conferenze di Milton H. Erickson – vol. II Milton H. Erickson)

Erickson aveva forse già intuito il potere dei neuroni specchio? Probabilmente si, Rizzolati ci arrivò ottant’anni dopo.

Quanto detto, deve far riflettere sull’importanza di diffondere l’uso della mente nella riabilitazione, abbiamo tutti il dovere morale di mettere al servizio della Cura, uno strumento così potente, al limite del miracoloso.

In chiusura di capitolo, un ricordo: a chi non è capitato da bambino, procurarsi un bel febbrone per non andare a scuola? Un gioco da bambini, più facile a farsi che a dirsi, e ci riuscivamo, ah si, ci riuscivamo, ed eravamo bravi anche a far svanire la febbre, per correre al parco ed esplorare il mondo con la creativa-mente di fanciulli.

Bene, è li che bisogna tornare per guarire, in quella mente.

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