Mental Training, nuovi percorsi di cura

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"Madonna della Misericordia" Piero Della Francesca

La Prossemica è la scienza che studia il significato e l’uso dello spazio. È, nella natura degli animali, uomo compreso, uno specifico comportamento che noi definiamo “territorialità” e in questo comportamento, gli individui usano i sensi per distinguere tra uno spazio (o distanza) e un altro.

La prossemica si occupa dei messaggi che il nostro corpo trasmette collocandosi nello spazio intorno a sé rispetto alle cose o alle persone. Edward Hall, l’antropologo che ha coniato il termine prossemica, definisce così questa disciplina: “lo studio di come l’uomo struttura inconsciamente i microspazi, le distanze tra gli uomini mentre conducono le transazioni quotidiane, l’organizzazione dello spazio nella propria casa, negli altri edifici e la struttura delle sue città.”

Il modo in cui occupiamo il nostro spazio rivela molte cose sul nostro status, sulla nostra personalità, sullo stato d’animo e la distanza scelta, dipende da questi fattori:

  • il tipo di relazione
  • il sentimento
  • il contesto

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Sistema di classificazione:

 

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Anche se ognuno ha la propria distanza preferita, bisogna tener conto che queste preferenze sono fortemente influenzate anche dal contesto, dall’educazione, dalle abitudini e dai tratti caratteriali.

Chi è più introverso tenderà a stare leggermente più distante rispetto a chi è estroverso.

Repentine variazioni nella prossemica, possono generare stati di tensione, in tanti modi, si possono notare scarichi di tensione nei pruriti alle arcate sopraccigliari, nella zona vicino al naso, nella zona frontale, variazioni di postura, dondolii, chiusure (adduzioni) di gambe e braccia, contrazioni muscolari del volto, frequente deglutizione salivare, sorrisi nervosi, schiarirsi la voce. Quest’ultimo è uno degli scarichi di tensione più usati in un colloquio, come ad allontanare un argomento.

Queste espressioni, sono solo le più frequenti, ma lo scarico della tensione si manifesta nelle più svariate forme da persona a persona.

Va da sé che tutto questo acquista un aspetto singolare nell’ambito di una stanza di riabilitazione, dove lo spazio obbliga tutti ad una prossemica particolarmente ridotta all’area personale e intima, così il paziente si ritrova “obbligato” in questo spazio, “messo a nudo” nella sua sfera più intima in cui giornalmente tutti entrano senza necessariamente “chiedere permesso” e per alcuni pazienti può essere un enorme disagio. Ovviamente le cure richiedono necessariamente di lavorare nella zona intima, ma il M.T.er può educare la persona a gestire il suo spazio vitale, giocando sulla percezione dello stesso e soprattutto, si asterrà dall’invadere, senza permesso, questa zona intima (zona rossa).

Per migliorare la sintonizzazione con il paziente il M.T.er, all’inizio utilizzerà:

Il RICALCO (rispecchiamento) per sintonizzarsi sulla sua stessa “lunghezza d’onda”, consiste nel rispecchiare, sul piano verbale e non verbale, il comportamento della persona, in modo da metacomunicargli: ‘’ti capisco’’ e quindi ‘’posso aiutarti’’.

Il ricalco consente di incontrare il soggetto, nel suo modello del mondo, usando il linguaggio e le modalità rappresentazionali del soggetto stesso.

  • Ricalco Verbale: utilizzare frasi del soggetto facenti riferimento allo stesso sistema rappresentazionale (visivo, uditivo, cenestesico)
  • Ricalco Paraverbale: è il ricalco del volume, del tono, del ritmo, della velocità, delle pause
  • Ricalco Non verbale: ricalco delle posture, della gestualità, del respiro, dei micro comportamenti (mimica facciale, dinamica oculare, muscolatura)

La rappresentazione conscia che ogni persona ha dell’esperienza, avviene in tre modalità distintive: visiva, auditiva e cenestesica. Sapere qual è il sistema rappresentazionale del soggetto aiuta a formulare il giusto approccio. L’esperienza immaginativa efficace è quella che ricalca il modello rappresentativo dominante nella persona, così il M.T.er parlerà lentamente se egli è cenestesico, eviterà gli eccessi veloce/lento se è uditivo, userà frasi e parole che stimolino il suo canale preferito.

Il M.T.er, sa come comportarsi, ancora prima di mettere piede nella stanza della persona, sa entrare nella prossemica, senza strapparla. È un fattore da tenere molto in considerazione, se ci si ferma a osservare che il mondo della persona, per tutto il tempo del ricovero, occupa una superficie di massimo 20 m², se poi è condiviso, scende a 10 m²! Ecco che ci troviamo difronte ad un mondo nel mondo, con tutti i suoi relativi aspetti. In questo esiguo spazio vitale, si interscambiano un gran numero di interferenze, spesso senza che la persona sia nello stato d’animo di accoglierle. Immaginiamo di dover vivere nella nostra camera da letto, dove non possiamo chiuderci a chiave e non possiamo prevedere quando può entrarvi qualcuno; non possiamo avere il silenzio che vogliamo, non avere la luce a nostro gradimento, così come non essere disturbati durante il sonno. Per non parlare del bagno, magari in comune. Mangiare, lavarsi, dormire, vivere, in un ambiente così ristretto, cambia inevitabilmente la prossemica della persona.

 

Dopo quanto detto, la prossemica durante la riabilitazione, occupa un ruolo particolare, poiché avviene uno stretto contatto nell’area personale, protratto nel tempo; questo spazio, va conosciuto e gestito con sensibilità, per evitare che un approccio fisico, soprattutto se imperniato sul dolore, lasci per lungo tempo memoria di disagio; è quindi opportuno, saper utilizzare lo spazio personale, in modo che la memoria ad esso ancorata, sia un ricordo il più piacevole possibile, per facilitare la guarigione delle “ferite emotive” inferte dalla patologia. Il M.T. si è rivelato uno strumento principe nella gestione del dolore, grazie a specifiche tecniche sensoriali, capaci di anestetizzare il dolore, all’uso delle quali, la persona viene accuratamente allenata. Nessuno, dopo aver appreso l’auto-trattamento, ha esperito sensazioni di perdita assistenziale e angoscia da abbandono delle cure, una volta uscito dall’ambiente protetto della struttura ospedaliera.

Con grande soddisfazione del M.T.er, le persone che hanno sperimentato il nuovo modello riabilitativo, sono state rivalutate a 6 mesi di distanza dalla fine dei training, confermando di essere ancora entusiaste di potersi avvalere del M.T in autonomia, e cosa molto importante, nessuna ha perso motivazione e autostima.