Prevenire lo stress degli operatori, vuol dire più salute anche per il paziente, belle parole ma anche fatti…

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Turni, mobbing, famiglia, stipendio, hobbye, tempo, felicità, sonno, riposo, salute… ognuno avrà da aggiungere altri sostantivi, ma il concetto di base non cambia, gli operatori sanitari sono sottoposti a routine poco fertili per la salute.

Dietro i sorrisi e lo spirito ancora freschi dei giovani assunti, si intravedono maschere coraggiose di chi questo lavoro lo fa da anni, resistendo al grande tiro alla fune di una vita impostata sul planner dei turni.

Quando in reparto incontri i loro sguardi, nel fondo nero delle loro pupille, si possono vedere sfrecciare i fantasmi del dolore di mille vite incontrate e lasciate. Il loro sorriso ha gli angoli tirati all’insù, ma si ferma sotto gli zigomi, raramente arriva ad illuminare gli occhi, se non quelli ancora inesperti. Li ho visti trasmettere la loro esperienza ai giovani, raccomandazioni affettuose, ricche di trasporto, consigli per portarli ad essere bravi come e meglio di loro, fino al momento in cui, anche i giovani sorrisi, si fermeranno sotto gli zigomi, in cerca di riposo da tanta sofferenza.

Si parla tanto di stress da lavoro (burnout), gli operatori stessi condividono il sogno di trovare un momento solo per loro, una pausa rigenerante, che gli permetta di timbrare il catellino, senza sentirsi anestetizzati nelle forze vitali.

La riflessione conduce a cercare il momento in cui intervenire per prevenire il burnout, non per curarlo; su tale argomento esistono già innumerevoli studi americani, che dimostrano quanto l’inserimento di pause intelligenti, aumenta salute e produttività degli staff. Ma allora perchè non si fà in misura espansa su tutta la rete nazionale?

La risposta è ben conosciuta, burocrazia, tempi insufficienti, personale scarso, si è vero, tutto questo ostacola anche il più volenteroso, ma questo è rimanere a lamentarsi.

Un giorno di inizio estate, ho incontrato M. infermiera professionale da molti anni, esausta alla fine di un turno; una pausa inaspettatamente lunga ci ha permesso di parlare per più di cinque minuti, così le ho chiesto se sarebbe stata contenta di poter usufruire di un servizio solo per operatori, un momento in cui ti lasci andare, ti rilassi sotto la guida che si prende cura di te, e poi torni al lavoro, fresca come una rosa. La risposta è più triste della realtà: “Se mi lascio andare non rientro in reparto, non riposo mai come avrei bisogno per dare il mio meglio”. Lascio a voi i commenti su tanta triste realtà.

Se anche solo un terzo delle struture nazionali più grandi, iniziassero ad inserire pause intelligenti, fin dall’esordio lavorativo dei neoassunti, oltre al notevole aumento di qualità dell’offerta sanitaria, si riuscirebbero a proteggere gli operatori lavorativamente più anziani, come M.. Allora si che si potrebbe pensare al rapporto operatore/paziente, come un momento di grande potenziamento della cura, un incontro tanto umano, quanto linfa di guarigione.

A volte anche solo iniziare il combiamento, equivale ad effettuarlo, Kintsugimental® sta elaborando un progetto pilota.

Per informazioni in merito, si prega di scrivere in privato a kintsugimentalmail@gmail.com

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