Fibromialgia: ma quale psicosomatica??!

Fibromialgia: dalla testa al cuore, nel circuito del dolore

Leggendo i commenti nei vari gruppi dedicati alla Fibromialgia, si evince che nessuno ha trovato soluzione definitiva e “lotta” per una qualità di vita vivibile. Siete ammirevoli, nelle battaglie quotidiane, vi supportate, vi confrontate, fate gruppo, vi consigliate, vi scontrate, a volte piangete, a volte ridete di voi stessi, un mondo che si esprime e comunica…

Tra le rimostranze più frequenti, rispetto alla diagnosi, molti lamentano frustrazione nella classificazione assegnata alla malattia: origine psicosomatica o malattia somatoforme (natura della malattia ancora non confermata).

Beh, avete ragione ad arrabbiarvi, se qualcuno vi taccia di malati immaginari.

Mi permetto di fare una nota al riguardo, a vostro favore e difesa, dalle insinuazioni a voi rivolte, così che possiate comprendere e rispondere meglio nelle conversazioni che vi riguardano.

Psicosomatico, NON vuole dire che esiste solo nella testa, psicosomatico vuol dire che si esprime sul corpo, quindi, facendo un esempio: ho un grave e pesante trauma, di qualsivoglia natura come un incidente, perdita di un caro, divorzio, perdita del lavoro, malattia debilitante e invalidante, virus particolarmente aggressivo, ecc..

Cosa mi succede in reazione all’evento esterno a me?

Il primo input dall’esterno, entra per le vie sensoriale-psichica-neurologica. Ecco che determinate aree cerebrali, preposte alla mia sopravvivenza, attuano un meccanismo di difesa, in base all’importanza dell’evento causante, attivando nel corpo, una reazione a cascata.

Talvolta però, succede che la reazione all’azione ricevuta, si mantenga attiva, anziché interrompersi; per farmi capire, un po’ come succede quando una persona o una situazione, mi danneggiano, sarò sempre guardinga verso quella “forma di interazione”.

Così la “macchina umana”, meravigliosamente complessa e specializzata, che si è attivata quel tal giorno, a causa di quell’evento, mantiene attivi i recettori rispetto all’agente attivante e, invece che interrompere la reazione, la prolunga ad oltranza. Questo fa si che molte e complesse reazioni vengano attivate, per ripristinare la fisiologia del corpo, con il pericolo di innescare il famoso “cane che si morde la coda”.

Come ben capite, parliamo di corpo, non di psiche, si parla di reazione fisica ad un evento psichico.

Per essere ancora più chiara, un incidente improvviso mi fa “salire il cuore in gola”, da lì in poi, anche solo il ricordo (conscio e inconscio) di quella paura, di quegli odori, di quelle luci, colori, suoni, sensazioni…, riattiva in me determinate reazioni, e più è stato impattante il trauma, più il mio sistema limbico, rimarrà in allerta, verso quegli input. La mia memoria, ha immediatamente costruito un collegamento neurale, come un tasto di allarme e anche solo la paura che riaccada, il solo ricordo, generano una reazione nel mio cervello e immediatamente dopo, nel corpo.

Finisco questa nota, sperando vi sia di conforto e aiuto, dicendo che, non esiste malattia dove mente e corpo sono separati, e, non è tanto importante di che origine sia la malattia fosse una frattura o un cancro, ma come la si vive, come le si diventa “collaboratori” per una evoluzione (resilienza), come si impara ad ascoltarla. Della malattia, non dovrebbe essere troppo importante per il paziente, scoprire la causa ma, visto che ormai è arrivata, come mi ha cambiato, che cosa ho in più di prima, che vantaggio c’è che non riesco a vedere sotto tanta sofferenza, cosa mi sta insegnando, ecc…

Mai un disagio è senza crescita, mai, senza un lato produttivo per noi, non si esce mai da un problema senza un valore in più di prima, e la malattia è una grande maestra. Se la si vede così, prima di abbandonarla, va sfruttata l’opportunità di estrarne l’insegnamento.

“L’esperienza non è ciò che accade a un uomo.

È quello che un uomo fa con ciò che gli accade.”

A. L. Huxley

Il futuro della cura è nell’Uomo stesso —>