
Ci vuole molta autostima e preparazione culturale, per affermare le proprie idee in un gruppo sociale.
Vie è mai capitato di tornare a casa dopo una riunione o una cena e riconoscere che quello che si è deciso in gruppo è totalmente sbagliato e incompatibile con quello che si era pensato prima di parteciparvi?
Ecco, questo si chiama Groupthink [1]o effetto Asch dall’esperimento omonimo.
Vediamo il video, poi ci ragioniamo insieme.
L’esperimento di Asch, ci dimostra come l’urgenza di coerenza con il gruppo, rischia di annientare il nostro pensiero creativo, stato che, se protratto nel tempo, può generare frustrazione, confusione, perdita di autostima, disagio, fino a manifestarsi sotto forma di malattia.
Ovviamente non avviene in tempi così veloci, come il tempo del video, ma neanche troppo lontani da un tempo vitale di alcuni mesi; variabili sostanziali, sono la cultura e l’età della persona.
Ci sono degli assunti di base da considerare, prima di passare ad una riflessione più spinta: la mente influenza la postura, la postura influenza la mente, entrambe condizionano il corpo a tal punto da modificarlo; in casi non rari, lo danneggiano.
Se avete osservato attentamente il video, avrete notato come il ragazzo, nel tradire le sue certezze per conformarsi alla scelta del gruppo, seppur sbagliata, ci ha comunicato il suo disagio con il corpo ancor prima che con le parole.
Nella vita di ognuno, è capitato o capiterà almeno una volta, occasione di condizionamento, ma vorrei soffermarmi in particolare, sulla sfera della salute.
Cosa c’entra il gruppo con la salute? Associazione immediata, inarrestabile, inevitabile, ma gestibile.
Oggi ogni persona in grado di accedere ad una rete internet, può avere accesso ad una moltitudine di siti, che specificano segni e sintomi più disparati. Si, lo sapete già, ma voglio farvi riflettere sui collegamenti, che talvolta a qualcuno possono sfuggire.
Siamo passati da quando si doveva andare dal medico e mostrare la lingua, farsi perlustrare l’addome e auscultare i polmoni, ad oggi, là dove sono tutti “medici” grazie ad un click sul pc, che ti scodella un’ampia carrellata di possibilità diagnostiche.
Precisando che sono assolutamente d’accordo sull’erroneità di utilizzo dello strumento, ciò non toglie che l’evento si verifichi e che molti lettori, digiuni di formazione idonea, si improvvisino Dottor House per sé e il gruppo di amici e parenti.
Giusto per sorridere insieme, delle nostre esperienze, chi non conosce almeno uno di questi amici sapientoni, tuttologi, buontemponi? …vai al bar con lui, e mentre giri distrattamente il tuo caffè, gli confidi che la sera prima ti è successa una cosa strana, che non ti era mai successa…
Neanche a dirlo, eccolo il “piccolo chimico” che sorge per sottoporti prontamente a scrupolosa diagnostica! “Cavoli, non lo devi sottovalutare, ma dimmi un po’, ma che…? Ma cosa stavi facendo?…ma sei sicuro che non avevi mangiato…? Mm…strano, sembrerebbe…però certo anche il sintomo successivo, sembrerebbe proprio…ma hai fatto analisi ultimamente? Mm a guardarti bene…ma sei sicuro che…? Ma hai avuto per caso anche…? E, hai mai avuto…?”
Quando il caffè non ti va più giù, perché sei saturo di dubbi che prima non avevi, il tuo amico si congeda con la fatidica frase: “Ma dai, comunque stai tranquillo, non è niente di grave, sai quante volte è capitato anche a me!” A questo punto, se hai confidenza, è lecito invitarlo ad occuparsi di altre attività…!
A parte gli scherzi, la prossima volta che vi capita qualcuno che fa diagnostica da bar, portate attenzione a come la circostanza vi isoli dal contesto reale e vi proietti alla ricerca/percezione, di quello che l’amico ipotizza; osservate come immediatamente cambia la postura ed il ritmo respiratorio, come evitate o sostenete minacciosamente il suo sguardo. Se non lo guardate, lui potrebbe richiamarvi fisicamente, toccandovi un braccio, oppure avvicinandosi di più nell’area personale. Una cosa è probabile, che anche se non volete, proprio perché è un amico, un po’ il dubbio vi rimane, e come potete, andate anche su internet a verificare; ecco, è lì che sorge il vero problema, il rischio di identificazione nella sintomatologia che leggete.
Identificarsi in un sintomo, è quanto di più facile, perché più o meno, si somigliano tutti, siete d’accordo? SI, no? Facciamo un giro di prova…
- Dolore diffuso in aree specifiche
- Cefalea periodica
- Stanchezza al risveglio
- Problemi gastrointestinali
- Formicolio
- Diminuzione progressiva della vista
- Perdita di concentrazione
- Difficoltà a memorizzare
- Stanchezza muscolare
- Tachicardia
- Rash cutaneo
- Prurito
- Dolori a piedi e caviglie
- Occhi secchi
- Bruciore agli occhi
- Parestesia ad un arto o parte di esso
- ecc………………………………
Ora, chi non ha mai sperimentato almeno una decina di sintomi?
Domanda, a quante patologie potrebbero appartenere questi sintomi?
Altra domanda, quanti sono in grado di non pensare ad un cavallo bianco?
Nessuno, nel momento stesso in cui si evoca la parola, il gioco è fatto, è obbligatorio per il nostro cervello, passarlo al vaglio della memoria e quindi pensarlo.
È altrettanto facile, che un sintomo descritto nella lettura, ci si incolli inconsciamente, proprio perché passa al vaglio delle percezioni/sensazioni corporee, che lo vogliamo o no. Purtroppo, questo pericolo è latente nei grandi gruppi e potenzialmente deviante dalla realtà, se, non usato con giudizio.

Ci sono molti gruppi di discussione che si formano intorno all’argomento salute, con grandi rischi, poiché tali gruppi proprio perchè molto numerosi, si “ammalano” facilmente[2].
Alcuni di questi gruppi, si strutturano secondo quello che Bion[3] identificò con l’Assunto di base Attacco o fuga con un nemico esterno da cui difendersi: la malattia. Il leader di questo gruppo, non possiede una soluzione, ma guida verso una lotta/fuga, talvolta pericolosamente privo di una conoscenza professionale, strutturata alla gestione di un gruppo sociale. Questa impreparazione, quanta dipendenza genera? Quanto astio nasce fra i componenti o fra i moderatori?

Dal video e dalla scienza dei gruppi, si evince quindi, che bisognerebbe soffermarsi a riflettere e ad informarsi un po’ di più, prima di cimentarsi come erogatori o come fruitori della misticanza di consigli, talvolta pericolosamente fuorvianti.
Sicuramente chi si mette alla guida di tali gruppi, come chi eroga consigli e teorie talvolta sembra un’ombra di formazione medica specifica, non lo fa per cattiveria, ma per pura mancanza di competenza, con il comprensibile e nobile desiderio di aiutare chi soffre, come se stessi. Condividono però anche dignitosamente, esperienze personali molto utili, che possono essere di spunti per riflessioni e supporto umano; ma sulla bilancia, quanti sono coloro che senza troppa coscienza, servono risposte inappropriate?
Bisogna d’altronde considerare che, i like che si ricevono, sfamano la dipendenza da dopamina[4], sostanza importantissima per la percezione di benessere, per la compensazione di bisogno di esistere/approvazione, per riempire la solitudine.
Non è quindi sbagliato iscriversi ad un gruppo numeroso ma, è di importanza vitale, rimanere sempre critici e distaccati, quella giusta misura denominata, prudenza, che conduce ad approfondire quanto ha riscosso il nostro interesse, mediante fonti attendibili ed ufficiali, corredate da un background scientifico.
Molto bene, quanto abbiamo detto, dovrebbe farci riflettere, sulla potenza del groupthink ed i condizionamenti sociali a cui siamo costantemente sottoposti.
Per fortuna, non tutti si lasciano condizionare, ma altrettanti nel dubbio, valutano la possibilità di adeguarsi, altri purtroppo si conformano immediatamente.
Riepilogando, il gruppo insegna, nel gruppo c’è crescita ma, la prudenza è vitale e l’identità va preservata dai raggruppaMenti devianti.

NOTE al testo:
[1] Groupthink, o pensiero di gruppo, è il termine con cui, nella letteratura scientifica, si indica una patologia del sistema di pensiero esibito dai membri di un gruppo sociale quando questi cercano di minimizzare i conflitti e raggiungere il consenso senza un adeguato ricorso alla messa a punto, analisi e valutazione critica delle idee. Creatività individuale, originalità, autonomia di pensiero, vengono tutti sacrificati in cambio al perseguimento dei valori di coesione del gruppo; allo stesso modo, sono smarriti quei vantaggi derivanti da un ragionevole bilanciamento di scelte e opinioni diverse o contrapposte, vantaggi che possono di norma essere ottenuti agendo come gruppo nel prendere decisioni.
[2] L’effetto Asch; Il groupthink; L’inerzia sociale. Groupthink: Modo di pensare delle persone profondamente coinvolte in un gruppo coeso quando lo sforzo dei membri per raggiungere l’unanimità supera la loro motivazione a valutare realisticamente azioni alternative – Sintomi di “malattia” del gruppo: Invulnerabilità, Moralità scadente, Razionalizzazione, Visione stereotipata degli esterni al gruppo, Autocensura, Sovrastima del grado di consenso, Pressione sui membri, Presenza di filtri alle informazioni.
[3]Wilfred Ruprecht Bion (1897- 1979), psicoanalista britannico, figura di spicco della ricerca psicoanalitica, è artefice di importanti elaborazioni della teoria psicodinamica della personalità […]
Bion individua tre modalità di funzionamento del gruppo, dette “assunti di base” (Bion, 1961; Vegetti Finzi, 1986), vere e proprie fantasie inconsce di tipo magico-onnipotente che il gruppo produce per raggiungere gli obiettivi e per risolvere i problemi. Esse rappresentano difese adottate dal gruppo nei confronti dello sviluppo-trattamento, con lo scopo di non far provare al gruppo la frustrazione legata all’apprendimento dall’esperienza, soggetta – per sua natura – a sforzo e a dolore. Essendo inconsce, sono al di fuori della consapevolezza dei membri ed ostacolano l’attività attraverso forti tendenze emotive (Galimberti, 2000). A questo proposito, Bion distingue tre assunti di base: assunto di base di dipendenza, di accoppiamento e di attacco-fuga. [segue lettura nel link]
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