
Anche se è stato il personale medico, ad essere sottoposto alla pericolosa e destabilizzante fase1 del Sars Covid 2, non di meno una grande percentuale della popolazione, si ritrova in fase2, in quello stato indesiderato chiamato sindrome della capanna o del prigioniero, che si palesa dopo lunghi periodi di restrizione sociale, da una lunga degenza in ospedale, a periodi di permanenza forzata come il carcere e la prigionia.
Sembrava facile attendere la fase 2, finalmente uscire e tornare alla normalità, poi ci si è accorti che non esiste più la normalità. Il ritorno alla vita normale ha aperto per molti, un fossato tra loro e il mondo esterno, ancora troppo pericoloso, apparentemente come prima ma sostanzialmente diverso.
Molte persone hanno manifestato paura, perdita di riferimenti al di fuori di quel luogo sicuro, la casa, che li ha “protetti dalla morte” per 60 giorni.
E ora che si può uscire, si ha paura di farlo o non se ne ha più tanta voglia…perché uscire è sfidare il pericolo, diffidare di chi inconsapevole può essere portatore del virus, temere l’aria stessa. Uscire o non uscire, questo è il dilemma…uno stato di dubbio e incertezza, si, anche con buoni propositi ma impiastrati di paura latente.
Poiché la paura del Covid e la quarantena, hanno attivato una importante reazione psicofisica allo stress, dobbiamo tutti ricorrere a un intervento immediato, perché non avendo superato il problema nelle 48 ore della fase di allarme, tutto si è protratto oltre i 60 giorni della fase di adattamento, dobbiamo ora evitare che l’innesco della fase di esaurimento, debiliti oltremodo le persone più fragili.
Ora, cosa possiamo fare per affrontare questa “Fase2 delle emozioni”?
Questo disagio che intacca le competenze sociali e relazionali tra l’ambiente privato e quello sociale, è competenza del Terapista Occupazionale che interviene costruendo assieme alla persona, un piano di reinserimento, su misura di obiettivi e necessità individuali.
Le modalità per guidare la Persona, nella fase di reinserimento, sono strutturate su appositi modelli “plastici”, perfettamente malleabili secondo il caso.
Vediamo come si procede, si raccolgono gli elementi strutturali di base quali, storia occupazionale, obiettivi, strumenti, strategie, time line al traguardo; si predispongono le tappe da raggiungere a breve, medio e lungo termine, step by step.
Gli strumenti utilizzati sono quelli di Mental Training e di Healt e Motivational Coaching, perfetti per gestire risorse fisiche e mentali in modo adeguato e conforme alle risorse della persona, risorse che non sono quelle caratteriali, ma quelle indebolite da “ferite” causate da eventi avversi; è qui che entra in gioco la strategia, elemento basilare per prevedere possibilità alternative, variabili e variazioni.
A questo scopo si presta molto efficacemente il KeyMethod, approccio olistico che potenzia la Terapia Occupazionale, grazie all’ausilio di strumenti mentali finalizzati all’autonomia.
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