
Burnout letteralmente significa esaurimento, crollo o surriscaldamento, in altre parole una condizione di stress.
La sindrome che porta questo nome, è un complesso di sintomi, manifestazioni emotive e comportamentali, che colpiscono prevalentemente i lavoratori del settore sociosanitario ed è generato da un sovraccarico delle risorse umane, che non riescono a sostenere la risposta a uno stress prolungato nel tempo.
Ecco, è proprio questa la causa del burnout, la durata nel tempo, perché è di questo che si nutre il burnout, del tempo vitale della persona.
Una cosa è sostenere una situazione pesante e improvvisa per qualche ora o qualche giorno, mettendo in campo le energie di riserva, altra cosa è rimanere in questo stallo psicofisico per tanti giorni e senza mai staccare il pensiero neanche quando il corpo riposa.
In questa fase di sovraccarico, il recupero delle forze è utopico, forse si parla di riposare il corpo, ma è lo stato mentale quello che soccombe ad ogni ora.
Al corpo si possono dare attivatori, composti chimici, vitamine, integratori, ma niente riesce ad avere la meglio su questa ombra che lentamente sale ad oscurare la luce della persona e si nutre delle sue risorse vitali.
Spesso il burnout è rappresentato come una corda tesa che si rompe o come un fiammifero che brucia, perché è così che si sente chi è il perno fra due energie che tirano in direzioni opposte, da un lato la volontà, l’impegno, l’etica, il dovere, dall’altro il bisogno di allentare la presa e lasciare andare, ma ciò non è possibile, a discapito di una delle due forze.
Ed è a questo che il K Team si sta preparando, a fare in modo che il perno, l’operatore, esca dallo stress e si proietti senza peso ad affrontare il recupero e a fortificare la salute in tutte le sue sfere.
Niente impegni gravosi, niente fatica, solo la persona nella persona, in una simbiosi mai sperimentata, per togliersi di dosso la vecchia pelle ormai sfibrata e scolorita e tornare a lavorare brillantemente ristrutturati.
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